Glossario

Riportiamo brevi notizie sulle principali categorie di tumori solidi dell’età pediatrica.
Si tratta di informazioni generiche che vanno sempre approfondite con medici esperti e con oncologi pediatrici di riferimento. Clicca sui nomi per approfondire.

Come si origina
L’epatoblastoma è la neoplasia che interessa il fegato più comune nell’infanzia. L’età media alla diagnosi è di 1 anno, e la maggior parte dei casi insorge in bambini di età inferiore a 3 anni. Tale precocità d’insorgenza è legata alla natura embrionale dell’epatoblastoma che è frequentemente associato ad altre alterazioni congenite quali: la sindrome di Beckitt – Widemann, il  tumore di Wilms ed altre.

Come si manifesta
L’epatoblastoma, nella maggior parte dei casi, si presenta con una massa addominale asintomatica in bambini al di sotto dei 2 anni di età. Altri sintomi quali: anoressia, perdita di peso, pallore cutaneo, dolore addominale, si presentano in una fase più avanzata della malattia.

Come si diagnostica
Nel 10% dei casi l’epatoblastoma, viene scoperto con un controllo pediatrico di routine dal momento che si presenta con un’epatomegalia. Il più importante test di laboratorio per la diagnosi ed il monitoraggio dell’epatoblastoma è il dosaggio dell’alpha-fetoproteina (alphaFP).  L’ecografia permette di individuare la sede della massa tumorale e di differenziarne la natura, solida o liquida. La RMN definisce l’estensione della massa, e dei rapporti con le strutture adiacenti. La radiografia del torace e, con maggiore accuratezza, la TC, vengono utilizzate per documentare la presenza o l’assenza di metastasi polmonari.

Come si cura
L’epatoblastoma è un tumore chemiosensibile e, nel 70% dei casi,  la chemioterapia preoperatoria consente l’asportazione dei tumori, inizialmente non operabili. Anche le eventuali metastasi polmonari possono rispondere alla chemioterapia. I farmaci più utilizzati sono i sali di Platino (Cisplatino e Carboplatino) in combinazione con Vincristina, 5-fluorouracile o Adriamicina. La chirurgia è irrinunciabile e viene praticata sempre dopo almeno due cicli di chemioterapia .

Le istiocitosi dell’infanzia costituiscono un gruppo estremamente eterogeneo sul piano clinico, caratterizzato da infiltrazioni e accumulo di cellule del sistema reticolo endoteliale (sistema monocitico – macrofagico) nei tessuti coinvolti.
Appartengono alle istiocitosi di I classe le forme che prendono il nome di istiocitosi a cellule di Langerhans. La denominazione “istiocitosi di I classe” sostituisce il vecchio termine di istiocitosi X e comprende le sindromi ad esso correlate, come il granuloma eosinofilo, la malattia di Hand-Schuller – Christian e la malattia di Letter – Siwe.
L’incidenza della Istiocitosi a cellule di Langerhans si aggira attorno a 0,2-1,0 nuovi casi/anno per 100.000 bambini di età inferiore ai 15 anni e può insorgere nella fascia d’età compresa da 1 mese a 3 anni con forma acuta disseminata e nella fascia compresa dai 3 ai 15 anni con forma cronica, per lo più localizzata.

Come si originano
Attualmente l’eziopatogenesi è tuttora sconosciuta. L’ipotesi immunologica è la più accreditata: un fattore antigenico scatenante (ad es. un’infezione virale) provocherebbe un abnorme rilascio, da parte delle cellule di Langerhans, di citochine (IL-1, IL-2, IFN-2, PGE-2) dotate di attività chemiotattica e litica responsabile dell’accumulo delle cellule di Langerhans nella sede infiltrata o delle lesioni d’organo (locali e a distanza). In questi pazienti si riscontra una serie di difetti a carico dei linfociti T suppressor (CD8+) e di linfociti portatori di recettori H2 di membrana per l’istamina con attività di repressione che non controllano il rilascio delle citochine soprammenzionate.

Come si manifestano
L’istiocitosi a cellule di Langerhans può interessare numerosi organi ed apparati. In generale possiamo distinguere due modalità di presentazioni: a) le forme localizzate che corrispondono alla vecchia definizione di granuloma eosinofilo; b) le forme disseminate con febbre, anoressia, perdita di peso e irritabilità, che corrispondono alla vecchia malattia di Letterer – Siwe.

Come si diagnosticano
La diagnosi di LCH viene formulata con: la biopsia e l’indagione istologica dei tessuti prelevati, la microscopia elettronica, e l’immunoistochimica, seguite ed accompagnate da altre indagini.

Come si curano
Nella forma unisistemica o plurifocale che non abbia interessato alcun organo si interviene localmente con cortisonici (metilprednisolone 75 – 150 mg per infiltrazione locale) e/o courettage della lesione e/o radioterapia (RT) a basse dosi. La forma multisistemica dell’Istiocitosi CLI prevede due diverse strategie terapeutiche: un approccio conservativo con trattamento previsto solo in caso di progressione di malattia (prednisone, vincristina, vinblastina o etoposide) e un approccio di polichemioterapia aggressiva con trattamento iniziale e di mantenimento, che si prefigge di bloccare la fase acuta della malattia, di ridurre la mortalità, di prevenire le recidive a distanza.
Se l’età del paziente è inferiore ai 2 anni (soprattutto sotto i 6 mesi) la prognosi è molto sfavorevole; se il numero degli organi coinvolti interessa più di 4 distretti compresi fra cute, osso, fegato, milza, polmone ipofisi, sistema emopoietico, orecchio, linfonodi, la prognosi è negativa; se i pazienti presentano alterazioni morfofunzionali di alcuni organi la prognosi è ancora negativa.
La prognosi migliora con l’associazione della chemioterapia e la terapia di supporto. Da 0 a 6 mesi la mortalità si riduce dall’80% al 40%, da 6 a 12 mesi la mortalità si riduce dal 50% al 30%, mentre da 12 a 24 mesi si riduce dal 40% al 20%. Se i pazienti presentano una malattia uni o plurifocale senza disfunzione d’organo la prognosi è ottima. In questi casi il paziente viene posto in osservazione senza essere trattato con alcuna terapia, perché nella maggior parte dei casi la guarigione è spontanea.

Il medulloblastoma nel 70% dei casi interessa i bambini nei primi 10 anni di vita e il picco massimo di incidenza è a 5 anni e riguarda soprattutto i maschi. Al momento della diagnosi la malattia è, purtroppo, quasi sempre disseminata.

Come si manifesta
In considerazione del fatto che il sito preferito dal medulloblastoma è il IV ventricolo, i sintomi sono quelli riferibili ad aumento della pressione intracranica e sono: cefalea,vomito, letargia, prevalentemente mattutina, associati in seguito a difficoltà nel mantenimento della stazione eretta e nella deambulazione.

Come si diagnostica
I fattori prognostici che devono essere valutati nel medulloblastoma sono: l’età alla diagnosi, le dimensioni del tumore, la ploidia, l’amplificazione dell’oncogene C-myc, l’istologia, la delezione del braccio corto del cromosoma 17 p, l’estensione della malattia, l’esame citologico del liquido cefalorachidiano. I pazienti, in base alla prognosi, sono divisi in pazienti a rischio standard e in pazienti ad alto rischio. I primi hanno età superiore ai 4 anni  e/o un tumore non disseminato (Mo) e/o sono stati sottoposti ad una resezione completa. I secondi  sono quelli che hanno una età inferiore a 4 anni e/o un tumore disseminato (M1-M4 ) e/o sono stati sottoposti ad una resezione chirurgica incompleta.

Come si cura
Con la sola radioterapia la sopravvivenza globale a 5 anni è di circa il 50-70% nei pazienti a rischio standard. Nella chemioterapia sia in mono che in polichemioterapia vengono utilizzati farmaci quali: il cisplatino, il carboplatino, la ciclofosfamide , il methotrexate, il tiotepa, il melphalan, il busulfano e il BCNU. La sopravvivenza a 5 anni libera da progressione si è mostrata dell’85%.

Il nefroblastoma è un tumore renale  pediatrico, solo occasionalmente si sviluppa in età adulta. Il TW rappresenta uno dei grandi successi della moderna oncologia per i progressi raggiunti sia nella comprensione della sua eziologia sia nella terapia . Il 90% dei casi guarisce completamente.
Come si origina
Il TW rappresenta il 5-10% dei tumori infantili. L’incidenza annuale è di 7 casi su 1 milione di bambini di età inferiore a 16 anni. L’incidenza del TW è maggiore nella razza negra e minore in quella asiatica. Non c’è differenza di incidenza nei due sessi. L’età media alla diagnosi è 3/5 anni e nell’80% dei casi la diagnosi viene fatta prima dei 5 anni. Il TW si può presentare sia in forma sporadica che in forma familiare. Il TW si può associare ad alcune anomalie congenite come l’aniridia, l’emi-ipertrofia, il criptorchidismo, l’ipospadia e il rene a ferro di cavallo, e ad alcune sindromi specifiche come la sindrome WAGR (TW, aniridia, anomalie genitourinarie e ritardo mentale), la Beckwith – Wiedemann (BWS) e la Denys – Drash. Studi cromosomici, su pazienti affetti da queste specifiche sindromi, hanno portato alla scoperta di alterazioni cromosomiche caratteristiche a livello di 11p13 nella WAGR e a livello di 11p15 nella BWS; tali alterazioni sono presenti anche in pazienti con TW non associato ad altre anomalie.

Come si manifesta
La manifestazione clinica più frequente è la presenza di una massa addominale asintomatica in alcuni casi con malessere, dolori addominali e macro o microematuria. L’ipertensione, presente nel 30-63% dei casi, può essere dovuta o ad una aumentata secrezione di renina, secondaria alla compressione dell’arteria renale da parte del tumore, o alla produzione di una sostanza renina – simile da parte delle cellule tumorali.

Come si diagnostica
L’ecografia, TC o RMN oltre a confermare la diagnosi sono necessarie per conoscerne lo stadio della malattia, sia in termini di diffusione locale che sistemica che ovviamente modifica la modalità terapeutica.

Come si cura
Si attua una terapia multidisciplinare che utilizza contemporaneamente la chirurgia, la chemioterapia e la radioterapia per ottenere la massima percentuale di guarigione, circa il 90%, con la minima tossicità.

Il neuroblastoma (NBL) è un tumore maligno embrionario specifico del bambino, che prende origine dal tessuto simpatico, da cui fisiologicamente prendono origine la midollare del surrene ed i gangli del sistema nervoso simpatico.

Come si origina
Sebbene molto raro, il NBL rappresenta tuttavia il tumore solido più frequente nei soggetti d’età inferiore ai 5 anni. Il NBL, infatti, costituisce il 7-10% di tutti i tumori solidi osservati in età pediatrica con un’incidenza pari a circa 6,5-10,5 nuovi casi/anno su 1 milione di soggetti d’età inferiore ai 15 anni, in Italia pari a 30 nuovi casi/anno. Il 93% dei NBL è diagnosticato prima dei 6 anni, ed un terzo prima dell’anno di età. I casi diventano molto più rari nelle età successive e la diagnosi è molto rara nell’adolescente e nell’adulto. Spesso  la scoperta avviene in epoca prenatale, tramite ecografia.
Nessun agente eziologico, ambientale, fisico, chimico o virale è stato evidenziato nella genesi del NBL. È stato però evocato che un’esposizione intrauterina all’alcool, all’idantoina ed al fenobarbital possa incrementare il rischio di NBL. Non è associato in maniera significativa a malformazioni congenite, benché descritto in soggetti con la neurofibromatosi o la sindrome di Beckwitt – Widemann. Le anomalie citogenetiche ben codificate, ad oggi, sono l’amplificazione del gene N-myc, la delezione del braccio corto del cromosoma 1 e le anomalie del contenuto in DNA.

Come si manifesta
Il Neuroblastoma può presentarsi in vari stadi.

Stadio 1 – Il tumore è piccolo, localizzato in un’unica sede e non presenta metastasi. In questo caso viene asportato chirurgicamente e non prevede un trattamento post operatorio.

Stadio 2 – Il tumore ha maggiori dimensioni ma è sempre localizzato in un’unica sede. Il tumore viene asportato chirurgicamente ma, a volte, minimi residui possono infiltrare i linfonodi presenti nella sede primitiva. In questi casi, dopo attente valutazioni, si procede con terapie specifiche.

Stadio 3 – Il tumore è di dimensioni notevoli, anche se resta localizzato in un’unica sede. In questo caso, però sia per le dimensioni, sia perché può infiltrare regioni circostanti, non può essere asportato completamente in un primo intervento chirurgico. Si interviene, quindi, con una terapia che cerchi di diminuirne le dimensioni, poi si effettua l’intervento chirurgico ed infine si procede con altre terapie chemioterapiche più o meno aggressive a seconda delle caratteristiche genetiche delle cellule tumorali.

Stadio 4 – Il tumore, già al suo esordio, è disseminato in altri organi diversi dalla sede primitiva quali le ossa, il midollo osseo, il fegato o altri linfonodi. È biologicamente parlando molto aggressivo e necessita un trattamento terapeutico molto intenso.

Stadio 4S – È una particolare forma che si manifesta nei primi mesi di vita del bambino, generalmente è disseminato nella cute e nel fegato, e nella maggior parte dei casi regredisce spontaneamente. Se le sue dimensioni sono consistenti può essere trattato con brevi cicli di terapia e, successivamente, viene asportato chirurgicamente
Le manifestazioni cliniche dipendono dalla sede d’insorgenza e dalla presenza di metastasi. Di regola questo tumore risiede in sede addominale con una frequenza del 60-70% ed è in genere a partenza surrenalica con sintomi spesso aspecifici quali anoressia, vomito, vaghi dolori addominali.. Il neuroblastoma intratoracico (20%), avendo origine  nel mediastino posteriore, può causare tosse, insufficienza respiratoria, disfagia. Quello in sede paraspinale (definito tumore di Dumbell), penetrando nello speco vertebrale e comprimendo il midollo spinale, può dare difficoltà alla deambulazione fino alla paraplegia, stipsi e disturbi vescicali. Più del 60% dei neuroblastoma presenta alla diagnosi metastasi. Le metastasi si localizzano più frequentemente alle ossa, al midollo osseo, al fegato, oltre che nei linfonodi. Anch’esse danno una sintomatologia legata alla massa e dipendente dalla localizzazione. Una localizzazione caratteristica è quella retro-orbitaria con le caratteristiche ecchimosi, che fanno parte della sindrome di Hutchinson. Un sintomo frequente è una diarrea liquida con atonia intestinale ed abbondante perdita di potassio, dovuta all’azione del VIP (peptide intestinale vasoattivo), prodotto dal tumore quando tende alla maturazione. Al di sotto dell’anno di età  esiste una situazione particolare, quella del cosiddetto NBL 4s: in questo tipo di pazienti ci si trova davanti ad un apparente stadio 4 senza, però, metastasi ossee . Nel 75% dei casi si verifica una involuzione spontanea, senza terapia. Talvolta è però necessario praticare della radioterapia o chemioterapia a basse dosi per avviare il processo di regressione. Elemento fondamentale è che non sia presente un’amplificazione del gene N-myc.

Come si diagnostica
La diagnosi di NBL si effettua tramite:
– TAC o RMN,  per documentare la sede e le dimensioni del tumore;
– dosaggio delle catecolamine urinarie (Dopa, Dopamina, Adrenalina, Noradrenalina) e dei loro metaboliti l’Acido Omovanillico e Manilvandelico (HVA; VMA);
–  biopsia ossea ed aspirato midollare, per valutare l’eventuale infiltrazione neoplastica midollare;
–  RX dello scheletro, per mettere in evidenza eventuali metastasi ossee;
–  scintigrafia con MIBG (metil – iodio – benzil – guanidina), sostanza radioattiva elettivamente captata dalle cellule del NBL.

Fra i fattori prognostici sono inclusi:
a) l’età, b) l’istologia secondo Shimada, c) la sede primaria del tumore, d) lo stadio, e) i fattori bioumorali, f) il contenuto cellulare di DNA, g) l’amplificazione del gene N-myc, h) le anomalie del cromosoma 1.

Per quanto attiene allo stadio 1 e 2 la prognosi è ottima con percentuali di sopravvivenza libera da malattia rispettivamente del 90% e 70-85%, a 5 anni. I pazienti allo stadio 3 e 4 hanno una prognosi severa, con percentuali di sopravvivenza libera da malattia del 40-60% e del 10-20% rispettivamente. I pazienti in stadio 4s hanno una sopravvivenza libera da malattia pari al 50-70% a due anni.

Come si cura
La terapia del NBL comporta un approccio multidisciplinare che comprende: chirurgia (CH), radioterapia (RT), chemioterapia (CHT). La CHT ha un ruolo fondamentale nella terapia del NBL, che è certamente un tumore chemiosensibile. La CH ha lo scopo di essere la più radicale possibile, asportando la massa primitiva e tutte le linfoadenopatie locoregionali patologiche. Spesso risulta assai difficile per la mancanza di piani di clivaggio e per il grado di infiltrazione del tumore nei confronti delle strutture vicine. Nonostante il NBL sia un tumore radiosensible, la RT non ha un ruolo predominante nella strategia terapeutica. Particolarmente interessante è considerata oggi la radioterapia con Metil Iodio Benzil Guanidina marcata con iodio 131 che iniettata per via endovenosa viene captata dalle cellule del neuroblastoma ove la metil guanidina è un metabolita essenziale alla produzione delle catecolamine, quindi è un trattamento selettivo contro le cellule neoplastiche. Tale sostanza è anche utilizzata a scopo diagnostico (scintigrafia con MIBG).

La prognosi è molto severa se:
– il cromosoma 1 è incompleto
– nel cromosoma 2 un determinato gene si ripete più volte
– sulla superficie cellulare manca il sito che riceve e trasmette l’informazione per la maturazione cellulare
– si rilevano anomalie nel cromosoma 17 e nel cromosoma 11.

I risultati ottenuti sono eccellenti (100% di guarigione) nelle forme localizzate operabili immediatamente, meno buoni ma sempre soddisfacenti nelle forme non operabili (70%). Le forme metastatiche restano ancora una patologia estremamente grave con una sopravvivenza a 3 anni che non supera il 30%.

OSTEOSARCOMA

RABDIOMIOSARCOMA

RETINOBLASTOMA

TUMORI GERMINALI

TUMORI CEREBRALI

L’osteosarcoma è il tumore maligno più frequente tra quelli dello scheletro. Ha origine da cellule che tendono a differenziarsi in elementi capaci di produrre sostanza ossea, tuttavia in modo afinalistico e con caratteristiche di immaturità e incompetenza meccanica.

Si manifesta per lo più tra i 10 e 30 anni di età e con una leggera prevalenza nel sesso maschile, e tende a colpire le ossa lunghe. L’osteosarcoma può essere diviso in:

  • basso grado di malignità, in cui si ha una lenta crescita delle cellule neoplastiche piuttosto simili nell’aspetto alle cellule normali
  • grado intermedio di malignità
  • altro grado di malignità, che rappresenta la forma più diffusa, caratterizzata da crescita veloce e con cellule tumorali diverse dalle cellule normali.

Il rabdomiosarcoma (RMS) è il tumore più diffuso tra i sarcomi dei tessuti molli, rappresentando oltre il 50% dell’intero gruppo. Gli altri, tutti molto rari, sono: fibrosarcoma, schwannoma, sarcoma sinoviale, emangiosarcoma, emangiopericitoma, sarcoma epitelioide. Il rabdomiosarcoma è la più comune forma di sarcoma dei tessuti molli in età pediatrica che insorge in 4– 7 su un milione di bambini d’età inferiore o uguale a 15 anni, e rappresentano il 5% di tutti i tumori solidi infantili, il 3° per incidenza dopo il neuroblastoma ed il tumore di Wilms. Circa 2/3 dei casi sono diagnosticati in bambini d’età inferiore a 6 anni, il rapporto maschi/femmine rivela una incidenza lievemente superiore nel sesso maschile. Sebbene il RMS possa insorgere virtualmente ovunque nel corpo, essendo un tumore che ha origine dalle cellule dei muscoli, ci sono alcune sedi di insorgenza tipiche per età. I tumori della testa e del collo sono più comuni nei bambini al di sotto degli 8 anni e, quelli dell’orbita, sono comunemente della varietà istologica embrionale. I tumori delle estremità, invece, si manifestano prevalentemente negli adolescenti e sono più frequentemente del sottotipo alveolare. L’unica forma di RMS della vescica e della vagina, istologicamente della variante botrioide, si riscontra prevalentemente nei neonati.

Come si manifesta
Il rabdomiosarcoma può presentarsi in modo diverso secondo la sede in cui si sviluppa. Se ha origine nella testa o nel collo può essere presente un rigonfiamento, a volte in bocca, altre visibile dall’esterno con sintomi come mal di testa, spesso localizzato in un punto preciso; vomito; calo della vista, a volte il bambino non riesce a tenere un occhio aperto; naso chiuso ma solo da una narice; timbro della voce modificato; difficoltà nell’ingoiare. Se il tumore si presenta nel torace o nell’addome può provocare sangue nelle urine e difficoltà ad urinare e ad andare di corpo. Se si manifesta negli arti è presente un rigonfiamento quasi sempre dolente.

Come si diagnostica
Data la possibilità di insorgenza in qualunque parte del corpo, le indagini necessarie sono: radiografia del torace, ecografia, tac, risonanza magnetica, esame del midollo osseo, scintigrafia ossea, biopsia.

Come si cura
La strategia terapeutica del RMS è attualmente multidisciplinare. Vengono infatti utilizzate tre modalità terapeutiche: chirurgia (CH), radioterapia (RT) e chemioterapia (CHT). I fattori prognostici più significativi sono l’estensione della malattia all’esordio, la sede primitiva, l’istologia e la risposta al trattamento.

Il retinoblastoma è il tumore intraoculare più comune dell’infanzia, con una frequenza di bambino ogni 20.000. La diagnosi avviene, quasi sempre, ad 1 anno di età, e nel 90% dei casi insorge prima dei 4 anni. Può essere ereditario (familiare e non) o sporadico, unilaterale o bilaterale. Le forme bilaterali sono sempre ereditarie e sono causate da un’inattivazione del gene ret, un antioncogene localizzato sul braccio lungo del cromosoma 13 (13q14)  implicato in molte altre trasformazioni neoplastiche come: sarcomi, carcinomi della mammella, osteosarcomi, ecc. L’inattivazione del gene può essere secondaria ad una malattia familiare che ha carattere dominante (con penetranza 90% ed espressività variabile) oppure a mutazioni puntiformi, delezioni o traslocazioni avvenute nelle cellule germinali.

Come si manifesta
La sintomatologia del retinoblastoma è legata all’evidenziarsi di una leucocoria per lo sviluppo del tumore endofitico, oppure ad uno strabismo conseguente alla mancanza di tessuto retinico attivo, ma anche iperemia congiuntivale, dolore oculare con glaucoma e riduzione del visus. Caratteristica del tumore è di segmentarsi e di invadere aree retiniche adiacenti oppure strutture limitrofe come il vitreo dove può proliferare costituendo massicce formazioni definite “vitreous seeding”. I soggetti affetti da retinoblastoma ereditario hanno una maggiore incidenza di un secondo tumore (25%) e si manifesta prevalentemente come sarcoma osseo.

Come si diagnostica
Oltre l’oftalmoscopia in narcosi, un’indagine diagnostica specifica utile per stabilire la grandezza della lesione e l’eventuale coinvolgimento orbitario del retinoblastoma è la RMN cranio – orbite, che dimostra la presenza di calcificazioni ed aiuta a individuare le aree di diffusione nella regione orbitaria periorbitaria e nel cranio. L’esame citologico del liquido cefalorachidiano, l’aspirato midollare e la biopsia del midollo osseo sono necessari quando il tumore presenta metastasi extraoculari.

Come si cura
Bisogna considerare nella pianificazione del trattamento: il coinvolgimento uni o bilaterale; la conservazione del visus; il tumore confinato alla retina o esteso al nervo ottico; l’estensione all’orbita, la SNC o la disseminazione ematogena. Il trattamento nei tumori intraoculari include: la chemioterapia, la fotocoagulazione, la crioterapia, la radioterapia esterna o a placche ed in ultima analisi l’enucleazione. In seguito all’iniziale terapia sono necessari frequenti follow-up per rilevare nuovi foci tumorali. Nonostante molti sarcomi in pazienti con retinoblastoma si sviluppino nella zona irradiata,  attribuibili quindi alla radioterapia, un numero simile si manifesta al di fuori di tale campo e perfino in pazienti non trattati con RT, i soggetti più a rischio sono quelli con la mutazione germinale.

I tumori germinali sono un gruppo di neoplasie, benigne e maligne, che originano dalle cellule germinali primordiali e nel 50% dei casi si sviluppano nelle sedi gonadiche (ovaio e testicolo), ed extragonadiche (regione sacrococcigea 25%, cerebrale 20%, altre 5%). Hanno una incidenza di 3-4 casi/anno per milione di soggetti di età compresa fra 0 e 14 anni, rappresentando il 3% dei casi di tumore nei bambini.

Come si manifestano
Questi tumori si presentano di solito come masse asintomatiche e/o con sintomatologia diversa in base alla sede di insorgenza.

Come si curano
Negli ultimi anni un sistema terapeutico più efficace ha determinato una riduzione della mortalità per tumori a cellule germinali. Questo prevede: chirurgia, chemioterapia e radioterapia. La terapia deve essere adattata a seconda della localizzazione, della stadiazione, della presenza o meno dei markers sierici e delle componenti istologiche.

I tumori cerebrali sono i più frequenti nell’oncologia pediatrica, rappresentando il 20% di tutti i tumori infantili. Nell’insieme comprendono tumori diversi a seconda del tessuto d’origine, della sede d’insorgenza all’interno del sistema nervoso centrale, della storia naturale della malattia in termini di epidemiologia e di velocità di crescita del tessuto neoplastico con capacità di disseminazione.

Come si originano
I tumori cerebrali possono insorgere dalla nascita all’adolescenza, e l’età di insorgenza è un fattore importante sia per la presentazione clinica della malattia che per gli effetti nocivi a distanza del trattamento globale. L’incidenza annuale dei tumori cerebrali in soggetti al di sotto dei 15 anni di età è di 2-2,5 per 100.000. Un certo numero di casi è portatore di anomalie congenite come la neurofibromatosi di Recklinghausen, nella quale coesistono frequentemente gliomi di basso grado delle vie ottiche.

Come si manifestano
I tumori cerebrali dell’infanzia si possono sviluppare in tutto il SNC, ma il 55% di essi si riscontra in fossa cranica posteriore. Si distinguono tre grossi gruppi: 1) i tumori gliali o astrocitari suddivisi in basso grado (I e II) ed alto grado (III e IV) a cui appartengono anche gli ependimomi; 2) i tumori primitivi neuroectodermici (PNET) che includono:  i medulloblastomi, gli ependimoblastomi, i medulloepiteliomi, i pinealoblastomi; 3) altri tipi di tumore più rari che non prendono origine dal tessuto cerebrale propriamente detto e sono:  carcinomi dei plessi corioidei, craniofaringiomi, tumori germinali, sarcomi.

Come si curano
Le terapie utili a queste patologie sono: la neurochirurgia, la radioterapia e la chemioterapia ottimizzando il ruolo di ognuna di queste, a seconda dei casi, sia per l’efficacia del trattamento e che per la qualità della vita dei piccoli pazienti.