Etica, cura e artigianato digitale al servizio di un messaggio: una cura unica, come ogni bambino.
Un’idea semplice, un gesto di protezione
Quando la pubblicità tocca la vita dei bambini, delle bambine e degli adolescenti in cura oncologica, ogni scelta pesa. Per lo spot legato alla campagna solidale a sostegno del Progetto PREME, l’associazione OPEN OdV ha chiesto al regista Marius Mele di trovare una strada capace di proteggere i piccoli e, insieme, parlare al cuore.
La soluzione è arrivata da un incrocio raro: tecnologia e pudore. Una bambina attrice ha recitato davvero, ma l’Intelligenza artificiale ha trasformato quelle stesse azioni in versione cartoon e, sul finale, ha rimosso digitalmente i capelli, per evocare la malattia senza esporre nessun minore.
Cosa si vede nello spot
Una bambina dice «Da grande voglio fare…» e i suoi gesti continuano in animazione: prima dottoressa, poi youtuber, quindi calciatrice e astronauta. Infine torna in scena com’è, e pronuncia la frase che conta: «Per fare questo ho bisogno di una cura per il mio tumore. Una cura unica, come me».
Sotto il tratto morbido del cartoon, ogni movimento è la sua recitazione reale. L’AI non inventa: traduce. E, nell’ultimo quadro, toglie i capelli con una scelta sobria, necessaria, umana.
Perché l’AI?
- Tutela: niente volti di bambini malati in primo piano, niente stress da set, niente esposizione dei segni della terapia.
- Verità: c’è una bambina vera che recita; l’AI amplifica, non sostituisce.
- Tempo e risorse: l’AI ha reso possibile un gesto creativo al servizio della cura in tempi ridotti e con risorse contenute.
- Linguaggio: il cartoon apre e protegge; permette di dire l’indicibile senza ferire.
Le parole del regista
Perché l’AI? Una scelta etica prima che tecnica
Quando si parla di Intelligenza artificiale, il rischio è alto. Eppure per Marius Mele, regista dello spot legato alla campagna solidale di OPEN OdV, la scelta non è stata un vezzo tecnologico, ma l’effetto di una necessità etica.
«Servendoci dell’IA, siamo riusciti a preservare i minori malati di tumore: abbiamo evitato di sovraesporli, di stressarli inutilmente», spiega. Senza l’AI, sarebbe stato necessario chiedere a un piccolo degente e a un genitore di mostrarsi davanti a una telecamera, «con tutti i segni della neoplasia, senza capelli». Era impensabile. Così la tecnologia è diventata scudo e linguaggio, permettendo di raccontare l’indicibile senza ferire.
Dallo storyboard classico al salto creativo
Non è stato un percorso scontato. «Inizialmente avevamo pensato a uno spot tradizionale», racconta Mele. Era stato preparato uno storyboard classico: attori, location, scene da girare. Ma c’era la volontà di non fare qualcosa di già visto».
La svolta è arrivata in tre giorni di riflessione intensa. «In quel periodo, mi sono venute in mente le idee relative all’Intelligenza artificiale, mettendo in cantiere tutti i rischi del caso. È rischioso, specie nei tempi dell’AI shaming. Gli aspetti positivi, però, sono superiori».
Costi, tempi e possibilità creative
Mele non ha dubbi: «Con i metodi tradizionali, gli effetti speciali avrebbero avuto un costo proibitivo. L’IA, invece, ci ha consentito di fare qualcosa di magico». Oltre a un tema etico, dunque, c’era anche una ragione pratica: tempo, risorse e creatività.
Artificiale, ma con tanta manualità
Ma non è solo artificiale. «È un lavoro fatto con l’Intelligenza artificiale, sì, ma cela anche tantissima manualità e una lavorazione classica, analogica. Abbiamo fatto delle riprese con una bambina, che non ha fatto solo l’audio: ha recitato tutte le azioni. L’IA si è limitata a ricostruirle».
Quella bambina torna sullo schermo nell’ultimo fotogramma, quando il digitale le rimuove i capelli, «anziché ricorrere a un trucco avanzato».
Il cuore dello spot: la pluripotenzialità dei bambini
Alla fine, però, il cuore dello spot non è la tecnica: è il messaggio. «Ciò che mi piaceva più d’ogni altra cosa è l’indecisione di fondo, la mente pluripotenziale che accomuna tutti i bambini. La bimba non dice “Io voglio fare questo” come se fosse una certezza incrollabile: cambia idea, come accade a tutti i piccoli».
In quella molteplicità di possibilità interrotte dal tumore, Mele vede il senso profondo: «Nessuno è al sicuro. Ma forse non tutto è perduto: la ricerca ci concede di vedere il futuro. E questo dipende da tutti noi».
Dentro e oltre “PINO È”: la cura che resta
Lo spot ha accompagnato la grande serata di “PINO È – Il viaggio del musicante”: la musica ha chiamato una città intera, la solidarietà le ha dato una direzione. PREME è quella direzione: medicina personalizzata per i bambini con neuroblastoma ad alto rischio, profilazione genetica del tumore, farmaci mirati, terapie più giuste.
Chi è Marius Mele (in tre righe)
- Director/DoP, fondatore di NOOR: quasi vent’anni nella produzione di contenuti e strategie.
- Ricerca e formazione sull’AI, fondatore della prima scuola di cinema per bambini in Italia (EsperiaCinemaStudio).
- Si definisce «artigiano del fotogramma»: estetica cinematografica e pragmatismo, sempre al servizio del risultato.
Come aiutare, adesso
Se vuoi trasformare quella bambina in tutte le possibilità del mondo, scopri come puoi sostenere l’Associazione OPEN OdV.